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I FLAGELLANTI


La flagellazione assunse un particolare aspetto nel mondo religioso-cristiano, a partire dall’XI secolo e fino a tutto il XV secolo, allorché perse il carattere di ritualità che, come abbiamo visto, aveva conservato prevalentemente nel mondo classico, e divenne essenzialmente strumento di penitenza e di espiazione. Le sue origini, nell’ambito della tradizione cristiana, vanno ricercate nel fenomeno monastico che si manifestò in Italia all'inizio del Medioevo ed in particolare nel secolo XI allorché S. Pier Damiani e S. Domenico Loricato, suo discepolo, difesero questa usanza nei monasteri e se ne fecero propagatori. Sorta pertanto come mezzo di punizione o di auto-punizione all'interno dei monasteri, ben presto questa pratica si diffuse anche tra i laici, nei quali prendeva corpo sempre più la convinzione che essa fosse anche un mezzo espiatorio per ottenere dal cielo la fine di malanni e guai come la peste, il terremoto, la mancanza di pioggia, ecc...

Per quanto attiene alle origine, gli studiosi appaiono tutti concordi nel farla risalire al secolo XI, anche se il fenomeno, limitatamente a tale periodo, si presenta circoscritto alla vita monastica ed alle regole di automortificazione imposte ai singoli monaci da parte degli ordini religiosi di appartenenza.
Tra il secolo XI ed il XII la pratica si diffuse anche tra i laici, ma relegata alla sfera privata dei singoli, non si ebbero cioè manifestazioni pubbliche a carattere religioso in cui si notava la presenza sia pure marginale di fedeli flagellanti. Si dovrà invece arrivare alla metà del XIII secolo, ed in particolare all’anno 1260, allorché a Perugia venne organizzata, da parte di Ranieri Fasani, una processione in cui, per la prima volta, comparivano in pubblico gruppi di flagellanti o, come vennero allora chiamati, di Disciplinati.
La grande devozione penitenziale che ebbe origine a Perugia, si manifestò soprattutto per il confluire nella disposizione psicologica alla penitenza della grande massa, dell’aspettativa angosciata e tesa dell’avvento della “Terza Età”, predetta da Gioacchino da Fiore appunto per il 1260. La caratteristica principale della grande devozione non è da vedersi infatti a nostro giudizio, nella flagellazione, ma nelle processioni, e cioè nella manifestazione pubblica e collettiva di una stato d’animo ormai incontenibile, e che trovò nella flagellazione, soprattutto un mezzo, visibile e tuttavia personale e privato, di comunicare con il mondo. È una forma di testimonianza profetica che nasce da «quibusdampauperibus et sirriplicibus», anche se fomentata da quell’eremita, Raniero Fasani, che si era fatto annunciatore di una prossima, orrenda morte per tutti. (G. Meesserman, Ètudes sur les ancieanes confréries domenicaines, in Archivum Fratrum Praedicatiorum, t. 20, 1950, p. 22).
Con il permesso delle autorità municipali, per quindici giorni, si organizzarono processioni in cui, dietro alla Croce e al clero, a centinaia e a migliaia, gli uomini avanzavano con la frusta in mano, a due a due, senza distinzione di rango o di' età (vi erano persino dei bambini) percorrevano la città cantando dei salmi e gridando «pace, pace!». Si fermavano soltanto per flagellarsi; ogni giorno con più forza. (J. De Voragine, Chronicon genuense, in L. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, t. 9, Milano 1726, e. 49-50).

Le donne, comprese le matrone e le ragazze, partecipavano a questa penitenza collettiva, ma in «suis cubiculis e cum omasi honestate». (Annales Sanctae Justinae Patavini, MGH Scriptores, t. 19, 1866, p. 179).

Il movimento riprese in autunno e divenne itinerante. Da Perugia raggiunse Imola, Bologna, Reggio, Parma, Modena, Genova, in breve tutte le regioni della penisola sotto l’influenza guelfa; non incontrò resistenza che dalla parte dei capi ghibellini, che in qualche caso vi opposero la forza come Manfredi di Svevia. In tutto questo periodo non si sentivano più risuonare se non canti lugubri, scanditi dai colpi di frusta, che proseguivano tutta la notte, alla luce delle torce, Alla fine
del gennaio 1261, anche a causa di un inverno particolarmente rigido, i flagellanti ritornarono alle proprie case.
Fuori d’Italia l’entusiasmo per le flagellazioni è minore, Tuttavia, in Polonia si hanno i primi accenni di quello che sarà lo sviluppo successivo del movimento flagellante, e che lo condurrà a essere condannato come eretico: i penitenti si assolvono fra loro dei più gravi peccati, affermando che la loro associazione è gradita a Dio.

Le riserve e le preoccupazioni aumentano sempre di più; i flagellanti tendono ad allontanarsi dalla Chiesa e la criticano per le sue istituzioni. Affermano inoltre che una lettera di cui presentano il testo, è stata deposta da un’angelo sull’altare di S. Pietro a Gerusalemme, secondo la quale per concessione del Cristo alla Vergine, tutti quelli che si sarebbero flagellati avrebbero ottenuto piena remissione dei loro peccati. (Cfr. H. Delehaye, Note sur la légende de la lettre de Chris t tombée u ciel, in “Bulletin de l'Académie Royale de Belgique”, classe des lettres,
1989, pp. 171-213).
Il clero appare molto diviso sull’atteggiamento da prendere nei loro confronti, cosa che accentuava i dubbi e le incertezze del popolo.
Infine Clemente VI si decide a inviare ai vescovi tedeschi una bolla contro i flagellanti. I termini della condanna di Clemente VI ci fanno comprendere che nel pensiero della Chiesa quello che veniva condannato non era la flagellazione in sé, ma l’atteggiamento che l’accompagnava e che ne era il substrato. Il Papa infatti nella bolla “Inter sollicitudines” del 20 ottobre del 1349 descrive così la situ-azione: «In certe regioni della Germania e circostanti è apparsa, sotto il pretesto di praticare la devozione e la penitenza, ma difatto per ispirazione del maligno, una specie di religione vana e di invenzione superstiziosa, per la quale molti uomini




GALLERIE FOTOGRAFICHE:

- RITI SETTENNALI DI PENITENZA 2003 (Foto di Natalino Russo, tratte dal dal sito Riti Settennali).

- RITI SETTENNALI DI PENITENZA 2010 (Reportage fotografico a cura di Carlo Farinola - Molfetta).
N.B. - Tutte le foto provengono dall' archivio privato del dott. Franco Stanzione ed è vietato riprodurle senza il suo consenso e/o omettendo di citarne la fonte.

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